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Il lato oscuro dell'intelligenza |
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Il buon senso dice che essere intelligenti è un bene. Anzi, più ce n'è, meglio è. Attualmente il numero di immatricolazioni nelle università ha superato quello dell'acquisto di nuove auto in alcuni paesi, e negli ultimi vent'anni il numero di paesi dove la popolazione di giovani e non che intraprende gli studi universitari è aumentato da 5 a 54.
Nel 1926 lo psicologo americano Lewis Terman estrasse dalle scuole californiane un gruppo di 80 ragazzi con un Q.I. superiore a
170, denominati "Termiti", facendoli oggetto di uno
studio longitudinale che li seguì passo passo durante le loro vite, per vedere come se la sarebbero cavata.

Pur riuscendo queste persone come gruppo a ottenere
retribuzioni doppie di quella della popolazione media degli impiegati, molti di loro finirono a fare lavori più ordinari, come il poliziotto o il dattilografo, facendo sì che Terman concludesse che "intelletto e risultati sono ben lontani dall'essere correlati". Il gruppo mostrò livelli medi quanto a divorzio, alcolismo e suicidio, ma molti di loro affermarono che in tarda età si sentivano perseguitati dalla sensazione di aver avuto
aspettative poco realistiche in gioventù, rispetto a ciò che avrebbero potuto diventare.
Questo senso di volare troppo vicino al sole, per poi cadere e schiantarsi giù, è stato osservato ripetutamente nei bambini molto dotati. Uno di questi
bambini-prodigio, l'inglese Sufiah Yusof, immatricolata all'Università di Oxford a soli 12 anni, si ritirò dagli studi e divenne una prostituta.
L'economista comportamentale Satoshi Kanazawa, dell'Univesrità di Londra, propone un'interessante teoria. Egli sostiene che possedere un'alta intelligenza possa essere stato addirittura un
handicap per i nostri antenati preistorici. Infatti, nella preistoria non c'era bisogno di risolvere problemi astratti né di razionalizzazioni, nelle faccende di tutti i giorni. Persino per avere a che fare con occasionali disastri naturali è sufficiente un'intelligenza media.
Kanazawa dice in sostanza che le persone molto intelligenti
seguono di meno i percorsi tracciati dall'evoluzione, adattandosi di più alle circostanze.
In senso positivo ciò significa che sono più capaci di
affrontare nuove sfide e perciò possono riuscire a destreggiarsi meglio in un
mondo che cambia velocemente, come quello odierno. Le persone intelligenti, aggiunge l'economista, sono anche statisticamente più inclini all'uso di
stupefacenti e alcol, perché anche le sostanze sono innovazioni dal punto di vista evoluzionista. Altri studiosi attribuiscono piuttosto questo fenomeno all'attività modificata di alcune aree cerebrali, come il giro dentato. Tuttavia resta un fatto, dice Kanazawa: "Ciò che le persone intelligenti preferiscono non è il buono o il cattivo, il giusto o lo sbagliato, ma sempre la
novità".
Un altro dato è che le persone intelligenti sono più
nottambule della media. Ciò ha senso, da un punto di vista dell'evoluzione, dato che i ritmi circadiani favoriscono l'andare a letto presto e lo svegliarsi presto: i nostri antenati non avevano molto da fare, di notte. E quindi, nel loro tipico modo contro-evoluzionista, le persone intelligenti fanno le ore piccole.
Inoltre, le persone con un intelletto efficiente sono più soggette alla
preoccupazione. Lo psicologo canadese Alexander Penney spiega: "Non è che le loro rimuginazioni siano più profonde. È che si preoccupano più spesso per più cose. Quando accade qualcosa di negativo, ci pensano di più." Penney ha rilevato che ciò riguarda le persone con alti punteggi di intelligenza verbale, piuttosto che visuo-spaziale, probabilmente perché verbalizzano di più mentalmente.
Un altro psicologo canadese, Igor Grossman, sostiene che la
saggezza, più che l'intelligenza, è ciò che conta nel prendere decisioni in modo razionale. In un esperimento Grossman e collaboratori hanno valutato come ragionavano i partecipanti nel prendere decisioni e i punti deboli di tale processo. Emerse che le persone che disponevano di solidi argomenti e di
umiltà intellettuale erano più soddisfatte delle loro vite e relazioni, avevano meno ansia e rimuginazioni e una vita più lunga.
"Le persone molto intelligenti possono rapidamente generare ragioni per le quali il loro punto di vista sarebbe corretto" dice Grossman "ma in modo tendenzioso." Potrebbe essere questo fatto ad aver spinto i responsabili del personale di
Google a selezionare dipendenti con qualità come appunto l'umiltà intellettuale e la coscienziosità, piuttosto che basarsi sulla pura efficienza intellettiva.
L'altra cosa bella della saggezza è la sua
malleabilità. Formulando il problema in terza persona ("lui" o "lei", anziché "io") si può essere più persuasivi. Anche verso se stessi.
Bibliografia:
Katie Silver. 2015. Here are the downsides to being really clever, according to science. ScienceAlert online._