Secondo una credenza diffusa, un attimo prima di morire tutta la vita ti passerebbe davanti agli occhi, in forma condensata. Proprio in questi giorni è stato pubblicato uno studio in cui alcuni medici hanno registrato le onde cerebrali di un anziano paziente morente, scoprendo che erano le stesse di quando qualcuno sta sognando o richiamando dei ricordi in modo molto vivido, o meditando.
Il seguito di una notizia che avevo pubblicato nel 2010, dove si evidenziava che un semplice e controintuitivo stratagemma per aiutarsi a dimenticare qualcosa consiste nel ricordare volontariamente un evento accaduto ancora prima di quello spiacevole.
Come sappiamo, le persone cieche alla nascita hanno gli altri sensi più sviluppati della norma. Ma anche la cecità sopravvenuta in età adulta può portare a un affinamento dell'udito e degli altri sensi. Il cervello è dotato di plasticità, ovvero è in grado di riassegnare parti di se stesso che non possono più essere usate per una certa funzione ad altre funzioni più utili. (leggi l'articolo pubblicato su Medicitalia)
Sospetti finalmente confermati: gli uomini dimenticano più delle donne. Nove uomini su dieci hanno problemi a ricordare nomi e date, secondo uno studio condotto su un ampio campione di norvegesi. (leggi l'articolo pubblicato su Medicitalia)
È impressionante come l'ingestione di una sostanza a molecola semplice come l'alcol possa avere effetti così complessi su comportamento ed esperienza soggettiva. (leggi l'articolo pubblicato su Medicitalia)
Quanto possiamo fidarci dei nostri ricordi? Non molto, secondo Daniela Schiller, neuroscienziata che di fronte al folto pubblico del MIT Technology Review ha pochi giorni fa spiegato come le sue ricerche, e altre precedenti, abbiano scoperto che i ricordi cambiano ogni volta che ci tornano in mente. (leggi l'articolo pubblicato su Medicitalia e oggi su La Stampa)
Il male fatto in modo attivo e quello passivo sono uguali?
Gli individui e i tribunali trattano con più durezza le persone che fanno attivamente del male, rispetto a quelle che omettono d'intervenire perché ciò accada. Un nuovo studio trova che tale distinzione morale è automatica. È necessario uno sforzo mentale cosciente per arrivare a valutare un danno fatto di proposito equivalente a quello di omissione.
L'uso di cannabis è associato a disturbi della concentrazione e della memoria. Una nuova ricerca all'Università di Bristol pubblicata nella rivista Journal of neuroscience ha trovato che l'attività cerebrale diventa scoordinata e imprecisa durante gli stati alterati di coscienza indotti da cannabinoidi, producendo menomazioni simili a quelli della schizofrenia.
Anche le parole, come gli occhi, possono essere una finestra sull'anima. L'analisi del testo computerizzata mostra che i killer psicopatici effettuano scelte verbali identificabili mentre parlano dei propri crimini.