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Perché quando guidiamo diventiamo dei bastardi? |
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Stai guidando. All'improvviso un Suv ti entra nel mezzo dalla destra, senza mettere la freccia, obbligandoti a pestare sui freni per evitare di andargli addosso. "Maledetto *******!", urli a una persona che nemmeno conosci e che non può sentirti, prima di darti al suo inseguimento per 3 km per dargli una lezione.
In un cartone di Walt Disney degli anni 50, Pippo interpretava Mr. Walker, un bravo e gentile cittadino obbediente alla legge. Finché non entrava in macchina. All'improvviso, si assisteva a una trasformazione del tipo Dr. Jekyll/Mr. Hide e Mr. Walker diventava Mr. Wheeler, uno spericolato, egoista, incontrollabile mostro. Rinchiuso nella sua armatura personale, Mr. Wheeler urla agli altri automobilisti, arrabbiandosi al minimo segno percepito di provocazione. Eppure, si considera un buon automobilista.
Anche tu sei un po' Mr. Wheeler. Eh, sì. Ma perché?
In un famoso esperimento condotto da
Philip Zimbardo nel 1970, a un gruppo di studenti venivano dati un cappuccio e un cartellino con un numero, che sostituiva il nome. Restando in penombra, veniva detto loro di somministrare
scosse elettriche ad altri studenti. Zimbardo trovò che rispetto a un altro gruppo di studenti a cui era stato dato solo il cartellino con il numero e non il cappuccio, gli studenti incappucciati erano disponibili a somministrare scosse elettriche di
intensità doppia. Per fortuna si trattava di una finzione; nessuna scossa veniva in realtà data ai soggetti sperimentali, che erano attori ingaggiati dagli sperimentatori.
Altri esperimenti hanno successivamente confermato lo stesso principio: anche se
l'anonimato non produce sempre comportamenti antisociali, può portare ad azioni
più disinibite e aggressive, spiega lo psicologo
Jamie Madigan. Le condizioni perché ciò avvenga sono: far parte di un
gruppo e non essere considerati
responsabili per le proprie azioni. Come avviene ad esempio nei giochi online e nelle chat. L'anonimato, spiega Madigan, lascia le persone
più aperte alla suggestione e all'influenzamento.
Le macchine creano condizioni analoghe. L'involucro di metallo e vetro è come un cappuccio, che maschera l'identità del guidatore (anonimato) e si è circondati da altri automobilisti (il gruppo).
Leggendo le considerazioni di Zimbardo su ciò che genera la
deindividuazione, a commento del suo stesso esperimento, sembra di trovarsi sulla strada: "Anonimato, responsabilità diffusa, attività di gruppo,
prospettiva temporale alterata,
eccitazione emotiva e
sovraccarico sensoriale sono alcune delle variabili che possono generare deindividuazione".
A peggiorare le cose, le macchine di oggi sono
silenziose e il che fa arrabbiare ancor di più i guidatori. Da dietro il volante si è privi della possibilità di comunicare, se non in modo molto
primitivo e senza sfumature: suonando il clacson, facendo gesti con le mani e lampeggiando i fari, mentre la tua identità è ridotta alla marca del veicolo che guidi (e cosa c'è di peggio di qualcuno alla guida di uno Hummer?)
Combinando insieme questi fattori ne viene fuori una potente pozione in grado di generare rabbia e comportamento aggressivo.
Torniamo al bastardo che guidava il Suv dell'esempio iniziale. La verità è che la valutazione che ognuno di noi fa degli altri automobilisti e delle loro motivazioni spesso è troppo
semplicistica. Quando non del tutto
errata. Forse il guidatore di quel Suv aveva dovuto dare una repentina sterzata per evitare un ostacolo sulla strada che tu non avevi visto. Oppure stava correndo in farmacia a comprare un farmaco urgente, per un familiare gravemente malato. O forse il bastardo eri tu, che stavi guidando in un punto cieco (per lui) e troppo arrabbiato per notare che lui in effetti ti aveva fatto segno con i fari.
Ma le spiegazioni alternative rimangono tagliate fuori mentre guidiamo, perché emettiamo giudizi tagliati con l'accetta basandoci non sulla logica, ma sulle
emozioni. Eravamo arrabbiati,
e quindi il conducente del Suv era un bastardo. Fine della storia. Si tratta di ciò che gli economisti chiamano
euristiche affettive. Reazioni istintive che ci permettono di prendere decisioni velocemente, quando serve e che sono anche il motivo per cui odiamo tutti i ciclisti.
Dunque, se la guida e il traffico affondano gli speroni nelle nostre emozioni e forniscono un ambiente quasi perfetto per comportarci in modo abietto e turpe, c'è qualcosa che possiamo fare per evitare di trasformarci tutti in una manica di Mr. Wheeler? A parte non guidare, ovviamente.
Una soluzione c'è:
imbarcare un passeggero.
Di solito i passeggeri non si lasciano sopraffare dalle emozioni tanto quanto il guidatore. A volte, nelle dispute redarguiscono persino il guidatore che li sta accompagnando, fornendo una certa dose di
obiettività.
Alcuni studi hanno analizzato l'attività cerebrale di guidatori e passeggeri durante sessioni di guida simulate, rilevando attivazioni di differenti are cerebrali. "È come se si trattasse di persone diverse", scrive
Tom Vanderbilt, un giornalista autore del libro
Perché guidiamo nel modo in cui guidiamo.
In sintesi, considerando che i guidatori solitari reagiscono più aggressivamente, gli innovativi servizi di
car sharing che stanno via via prendendo piede possono essere un modo per economizzare e fare allo stesso tempo un po' di guida-terapia.
Bibliografia:
B. Gardiner. 2015. Big Question: Why Am I a Horrible Person When I Drive?. Wired online. _