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La cooperazione totale è impossibile

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La cooperazione totale è impossibile

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società - 15/02/11

Una situazione dove la maggioranza delle persone coopera non succede mai. Ciò si deve al fatto che esiste una notevole quantità d'individui che non coopera mai e quando la fa è in risposta alla decisione dei loro vicini di cooperare o meno, oppure sull'onda dell'umore del momento.

Una ricerca pubblicata questo mese dalla Universidad Carlo III di Madrid sulla rivista PloS ONE aveva per oggetto la cooperazione in natura in generale e fra gli uomini in particolare.

"Dal punto di vista dell'evoluzione è molto difficile capire perché dovremmo aiutare gli altri, quando il nostro interesse è aiutare noi stessi" dicono gli autori. Una delle conclusioni più sconcertanti dello studio è che esistono vari tipi di persone:

Puntoquelle che vorrebbero sempre aiutare il prossimo (circa il 5%);
Puntoquelle che non vorrebbero mai farlo (circa il 35%);
Puntoe infine quelle che cooperano a seconda dell'umore o di come si sono comportati in passato i loro vicini (circa il 60%).

"Siamo stati in grado di provare che in generale le decisioni che riguardano la cooperazione non riflettono tanto incentivi economici o di altro tipo, quanto piuttosto se gli altri individui con cui si sta interagendo cooperano o no."

I risultati di questo studio hanno implicazioni in fisica, economia, psicologia, matematica e informatica e potrebbero avere ricadute pratiche. Ad esempio, potrebbero essere utilizzati per migliorare la collaborazione e il lavoro dei gruppi che si occupano d'innovazione, gruppi di persone o imprese che perseguono di comune accordo degli obiettivi, investono risorse economiche o creano conoscenza.

"In questi casi è indispensabile diffondere un clima di cooperazione fra i partecipanti, pena la demotivazione e il decadimento in un clima sfavorevole."

L'esperimento


La questione era capire se in un dilemma dove scegliere se cooperare o no con altre persone connesse in rete, fosse possibile raggiungere uno stato in cui tutte o la maggior parte delle persone avesse deciso di collaborare. Le teorie esistenti e le simulazioni al computer non fornivano predizioni univoche, anzi, erano spesso contraddittorie, così gli scienziati hanno deciso d'impiegare persone vere in una situazione realistica. A questo scopo, a degli studenti volontari è stato chiesto d'interagire con altre persone sconosciute attraverso dei computer.

Fra le istruzioni date in consegna ai 169 partecipanti dell'esperimento, uno dei più vasti condotti finora nel campo dell'economia sperimentale, vi era il divieto di usare parole come cooperazione, tradimento e fregatura, per evitare d'indurre comportamenti indesiderati. Al posto delle parole venivano usati dei colori. A ogni tornata, un giocatore riceveva determinati benefici conseguenti alla sua scelta e a quella dei suoi vicini, e veniva informato di ciò che loro facevano e quanto avevano vinto.

L'interazione è stata ripetuta diverse volte e in due situazioni diverse: in una i vicini erano sempre gli stessi, mentre nell'altra cambiavano a ogni tornata (o "mano").

"In questo modo" concludono gli autori "siamo stati in grado di confrontare i risultati fra quando c'era una rete stabile di vicini e quando invece era assente e gli individui dovevano interagire con degli sconosciuti".

Il risultato è stato, appunto, che per la maggior parte degli individui decidere di cooperare o meno dipende da cosa hanno fatto prima quelli con cui si sta interagendo. E per una percentuale non trascurabile di persone (5%) il problema nemmeno si pone: la parola collaborare non fa parte del loro vocabolario.

Bibliografia:

J. Grujić, C. Fosco, L. Araujo, J. A. Cuesta, A. Sánchez. 2010. Social Experiments in the Mesoscale: Humans Playing a Spatial Prisoner's Dilemma. PLoS ONE.
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