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Revisioniamo la nostra dieta d'informazioni (senza fare la fame) |
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Da millenni l'uomo sa cosa vuol dire
sovraccarico d'informazioni. "Troppi libri significano distrazione" ammoniva Seneca, che non aveva da preoccuparsi delle opzioni di privacy di
Facebook.
Quello appena trascorso è stato un anno quanto mai allarmista sui danni che la rivoluzione digitale arrecherebbe ai nostri cervelli, pareggiato solo dalla veemenza con cui i difensori di internet hanno pompato i loro argomenti in senso contrario.
Eppure, come ha fatto notare sulla rivista
Neuron un team di neuroscienziati, stiamo forse generalizzando troppo. La tecnologia non è un male o un bene
di per sé, quindi nemmeno la rete o la televisione. Alcuni programmi televisivi come
Dora The Explorer sembrano aiutare i bambini ad apprendere l'alfabeto e l'aritmetica mentre altri, come i
Teletubbies no.
Ciò che importa è anche il
contenuto, non solo il
mezzo.
Il modo migliore di esercitare un po' di controllo di qualità non è spegnere
Facebook o
Twitter dandosi all'ascesi e alla rinuncia, ma rompere l'incantesimo che li circonda. Email, blog e social network sono solo esempi di
condizionamento pavloviano: clicchiamo
compulsivamente per vedere se c'è o non c'è la ricompensa: una nuova email o un nuovo post sul forum che ci aspetta.
Programmando ad esempio il controllo dell'email o l'uso di internet a orari fissi, il senso d'incertezza
scompare. Si sarà accumulato del nuovo materiale e così ci sarà quasi certamente la ricompensa. E in tal modo la
compulsione diminuisce.
Bibliografia:
O. Burkeman. 2011. The Guardian._