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I disturbi del comporta­men­to alimentare: la bulimia nervosa |
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La bulimia nervosa è stata descritta per la prima volta da Gerald Russell, nel 1979. Da allora è stata riconosciuta come un disturbo autonomo dell'alimentazione. Il termine "bulimia" proviene dal greco
boulimia, che significa "fame estrema".
La descrizione di questo disturbo è stata nel tempo rivista e meglio specificata, tuttavia specialisti differenti possono defnirlo in modo differente.
Nel linguaggio comune spesso senti dire "anoressia-bulimia". Questo nome composto però è inadeguato per rendere conto della complessità sia della prima di queste malattie, l'anoressia, sia della seconda. Anoressia e bulimia sono disturbi molto diversi, anche se non è raro che, se ne soffri, tu possa oscillare da un estremo all'altro a seconda della storia clinica in cui ti trovi.
Il
DSM, manuale descrittivo delle psicopatologie ufficialmente adottato da psichiatri e psicoterapeuti, distingue fra bulimia
con e senza condotte di eliminazione, cioè quei comportamenti usati per eliminare le calorie di troppo, e richiede questi sintomi per la diagnosi:
| Ricorrenti abbuffate, caratterizzate da entrambi i seguenti comportamenti:
1) Mangiare in un certo periodo di tempo (ad es. due ore), una quantità di cibo molto maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili
2) Sensazione di perdere il controllo durante l'episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o di controllare cosa e quanto si sta mangiando) |
| Comportamenti di compensazione ricorrenti e inappropriati, per prevenire l'aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivi |
| Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe, in media, almeno due volte alla settimana e per almeno tre mesi |
| I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei |
| Il disturbo si manifesta anche al di fuori di episodi di anoressia |
Se hai questo disturbo e appartieni al sottotipo "con condotte di eliminazione", farai uso di lassativi, vomito autoindotto, diuretici o enteroclismi (clisteri) nel tentativo di eliminare le calorie di troppo.
Nel sottotipo "senza condotte di eliminazione", invece, metterai in atto altri comportamenti compensatori, come esercizio fisico e digiuno, alternati alle abbuffate.
A causa degli acidi digestivi, il vomito ripetuto - se ne fai uso - può portarti alla perdita permanente dello smalto dentale, specialmente a livello delle superfici linguali degli incisivi. I denti diventano scheggiati, intaccati, e "tarlati". Per gli stessi motivi, potresti avere un aumento delle carie. A volte le ghiandole salivari, specialmente le parotidi, possono ingrossarsi in modo notevole.
Se ti autoinduci il vomito attraverso la stimolazione della faringe, possono formarsi callosità o cicatrici sul dorso della tua mano, provocate dal continuo sfregamento contro l'arcata dentaria.
Le sostanze che inducono il vomito sono reperibili in modo facile e anonimo anche in internet. Ma sono state rilevate
gravi miopatie, cioè malattie muscolari, a carico sia del cuore che della muscolatura scheletrica, negli individui che ricorrevano spesso ad esempio all'ipecacuana per vomitare.
Caratteristiche psicologiche |
La bulimia è causata da problemi psicologici che riguardano la
mancanza di controllo sulle sensazioni. Perciò ti abbuffi nel tentativo di dimenticarti e lasciar fuori dalla coscienza rabbia, malumore, delusione, stress o ansia.
Come per altri disturbi mentali, sembrano essere coinvolte anche predisposizioni genetiche, innescate da avvenimenti che hanno luogo nell'ambiente, soprattutto
relazionale e affettivo.
Una paziente bulimica dice: "È come un bisogno. Lo faccio istintivamente, per proteggermi. È un meccanismo che scherma il mio vero me e la mia mente... anche se non so più qual è il mio vero me".
Se hai questo disturbo probabilmente ti vergogni delle tue abitudini alimentari patologiche, e perciò tenti di nasconderle. Le crisi bulimiche avvengono in solitudine, quanto più segretamente possibile. L'episodio può essere più o meno pianificato ed è spesso caratterizzato, ma non sempre, dalla velocità con cui mangi.
L'abbuffata continua finché non ti senti pieno da stare male ed è innescata da stati di umore
disforico, cioè umore triste misto a rabbia, relazioni stressanti, intensa fame a seguito delle restrizioni causate da una dieta, oppure da sentimenti di insoddisfazione riguardo al peso, alla forma del corpo o al cibo.
L'abbuffata può mitigarti temporaneamente la disforia, ma poco dopo ti puoi sentire ancora più depresso e in
colpa, facendoti una spietata
autocritica.
La crisi bulimica è inoltre accompagnata dalla sensazione di perdere il controllo. Potresti sentirti come estraniato durante l'abbuffata, specialmente nelle fasi precoci del disturbo: alcuni riferiscono l'abbuffata come una specie di esperienza di
derealizzazione, cioè come se fossi staccato dalla realtà o da te stesso.
Nelle fasi più avanzate della bulimia, invece, la sensazione di perdita del controllo può scomparire ed essere sostituita dall'incapacità di resistere all'impulso di mangiare, o di smettere una volta iniziato. La perdita di controllo nelle abbuffate non è però assoluta: puoi continuare l'abbuffata a dispetto del telefono che squilla, ma interromperla bruscamente se tua moglie o tuo marito entrano in stanza all'improvviso.
Fattori sociali e ambientali |
La diffusione della bulimia è simile nella maggior parte dei paesi industrializzati, come Stati Uniti, Canada, Europa, Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Sud Africa. Scarsi sono i dati a disposizione per quanto riguarda altre culture.
Negli Stati Uniti, gli studi clinici sulla bulimia sono stati condotti in prevalenza su individui di etnia bianca, ma il disturbo è stato descritto anche in altri gruppi etnici.
Sia nei campioni provenienti dalla popolazione generale che in quelli di studi clinici, circa il 90% dei casi di bulimia si sviluppa nelle donne.
Inoltre, sembra che negli uomini bulimici vi sia una maggior prevalenza di obesità nella fase che precede l'esordio della malattia.
Altri disturbi di matrice bulimica |
I due sottotipi finora visti si basano sulla presenza o meno delle condotte di eliminazione e sono i tipi classici descritti in letteratura.
Il Centro di Terapia Breve Strategica di Arezzo ha raccolto e analizzato molti casi di disturbi del comportamento alimentare, pervenendo a una ridefinizione dei sottotipi del disturbo bulimico.
La prima e più importante di queste ridefinizioni è il cosiddetto
vomiting.
Mentre il vomito autoindotto nella bulimia è un rimedio riparatorio che usi per ridurre le troppe calorie, se sei una vomitatrice vomiti perché hai imparato ad
associare piacere a questo comportamento. Si tratta, pertanto, di una
compulsione basata sul piacere, di una vera e propria
perversione, un comportamento anomalo - di per sé sgradevole - che diventa piacevole.
In altre parole, mentre nell'anoressia e nella bulimia il ciclo del mangiare-vomitare rappresentano una
tentata soluzione, nel vomiting esso si trasforma nel problema stesso, trovando nel piacere il motivo della sua esistenza (Milanese, 2004).
L'essere basato sul piacere ti rende questo comportamento difficile da interrompere, come per qualunque altro disturbo basato su una dipendenza.
All'inizio per te il vomito è un tentativo di non ingrassare. Continuando nella pratica, però, la sequenza del mangiare/vomitare si trasforma poco a poco in un rituale sempre più piacevole, fino a diventare nell'arco di qualche mese il massimo dei piaceri, a cui non riesci più a rinunciare.
Per questo, quando la sindrome da vomito si è instaurata, il tuo problema non consiste più nel controllo del peso, ma nel controllo della compulsione al piacere.
Il vomiting è attualmente uno dei più diffusi disturbi del comportamento alimentare (Costin, 1996).
Il piacere che puoi ricavare dal vomitare è così intenso, che l'immagine metaforica è quella di un
amante segreto.
Un'altra categoria di
disturbo emergente dalla base bulimica è rappresentato dal
binge eating, traducibile con "alimentazione compulsiva" o incontrollata.
Il binge eating è ancora un altro esempio di "specializzazione tecnologica" nel campo dei disturbi del comportamento alimentare, ed è caratterizzato dall'alternarsi di periodi prolungati di astinenza o regime ipercontrollato, a periodi più o meno lunghi d'intensa trasgressione, nei quali ti abbandoni senza ritegno al piacere delle abbuffate.
Trattamento terapeutico specifico |
La distinzione più importante che rende il vomiting e il binge eating dei disturbi
autonomi, e non dei sottotipi della bulimia, consiste nelle diverse direzioni verso cui i rispettivi trattamenti terapeutici dovranno essere orientati, rispetto alla bulimia definita in modo classico.
Problemi diversi richiedono trattamenti diversi e sarebbe inefficace trattare un disturbo di vomiting o di binge eating come se fosse "semplicemente" un caso di bulimia. Le cause che generano questi disturbi possono essere simili, ma i modi in cui evolvono e si mantengono sono molto diversi. Devono perciò essere trattati in modo adeguato.
A questo proposito, il modello breve strategico prevede
protocolli di trattamento specifici per ognuno di questi disturbi.
Bibliografia:
Costin C, 1996. The eating disorder sourcebook. Lowell House, Los Angeles, CA.
DSM-IV-TR, 2004. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Masson-Ravizza.
Milanese R, 2004. Rivista Europea di Terapia Breve Strategica e Sistemica, 1.
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