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Perché le persone intelligenti credono alle cose irrazionali |
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Lo psicologo Michael Shermer sostiene che le persone intelligenti credano alle cose irrazionali, come il creazionismo, i fantasmi e le favole, perché sono più brave a far sembrare razionali le cose in cui credono per motivi irrazionali. Sono cioè più brave a
razionalizzare.
Se vi siete mai trovati a discutere con qualcuno sinceramente portatore di convinzioni improbabili, saprete di cosa stiamo parlando: le loro giustificazioni sono un misto di
offuscamenti, argute
congetture e punti di vista in aree che probabilmente non avevate mai considerato prima. Tutte elegantemente collegate fra loro. Perché, dopo tutto, sono intelligenti.
In questi casi l'intelligenza rema contro se stessa. Rende più bravi a
raccontarsela, a trovare puntelli per sostenere convinzioni che, per motivi irrazionali, si è deciso di avere.
Intelligenza e razionalità |
L'intelligenza non ci rende automaticamente più capaci di trascendere punti di vista non giustificati e convinzioni erronee, perché è un'arma in più che usiamo in modo inconsapevole per
eludere le incongruenze, le fallacie e gli errori logici che commettiamo e che ci rende, semmai, più disposti a rilevare errori simili
negli altri.
La razionalità è una cosa, il
razionalismo un'altra.
Certo, non è bello che proprio gli intelligenti siano i più vulnerabili al fenomeno, che non riescano a identificare ed eliminare le loro stesse fallacie a causa del complesso strato di
narrazioni in cui le avvolgono.
Non è bello, perché ci aspettiamo che l'intelligente sia portatore di meno
pregiudizi degli altri.
Ma in fondo l'intelligenza è solo un
modo di pensare, non riguarda necessariamente il
contenuto dei pensieri.
Come ha detto qualcuno, se si parte da assunti incongruenti, anche attraverso una logica ferrea si può giungere a conclusioni sbagliate. La via per l'inferno è lastricata dalle migliori intenzioni.
Garbage in, garbage out.
Dunque, anche se la convinzione di partenza è assurda, il metodo può essere assolutamente brillante e convincente. Si pensi alla metafisica, alla teologia o a qualunque sistema di speculazione basato su entità inconsistenti e non misurabili.
Gli intelligenti riescono a respingere con facilità le critiche di cui sono bersaglio, anzi a controbattere con argomenti ancora più forti. Anche quando la critica è corretta.
Sono poi particolarmente difficili da persuadere quando la critica è portata con toni sopra le righe, ortografia scadente, grammatica ancor più scadente e insulti. Questo è il motivo per cui il cosiddetto
trolling online non funziona e può solo peggiorare le cose: è già difficile convincere una persona brillante che ha torto, figuriamoci se tentiamo di farlo battendo i pugni sul tavolo.
Convinzioni erronee e scienza |
Lo stesso fenomeno può però verificarsi anche in ambito scientifico.
Finché una teoria non viene soppiantata da un'altra più promettente - o addirittura dopo - possiamo decidere di (continuare a) credere nella bontà della vecchia teoria. Oppure, diversamente, possiamo considerare ogni teoria come uno strumento che utilizziamo per orientarci. Il migliore che abbiamo al momento.
Nel primo caso si tratterà non di scienza, ma di
scientismo. Pensiamo agli eretici di ogni tempo e in ogni campo, le cui idee si sono rivelate corrette solo a posteriori: al momento in cui le presentarono vennero derise, osteggiate e persino apertamente contrastate dagli scientisti (credenti) di turno. A volte duramente. Pensiamo al povero Galileo.
Da allora sono cambiati i modi, ma la natura umana è rimasta la solita.
Ad esempio, un'indagine (Gallup) condotta nel 1982 rilevava che il 46% delle persone credeva nel creazionismo. Oggi siamo al 44%.
La scienza è
innaturale, spesso è impossibile capirla affidandosi al buon senso. Le idee scientifiche sono quasi sempre controintuitive.
Convinzioni erronee e psicopatologia |
Un'altra area in cui il fenomeno che stiamo trattando può essere rintracciato è il disturbo mentale, segnatamente alcune forme di
disturbo ossessivo.
È esperienza abbastanza comune fra i terapeuti notare che il paziente ossessivo sia di solito una persona dotata di intelligenza superiore alla media, o comunque non inferiore.
Eppure, verrebbe da dire, si intorta da solo, si lascia compromettere la serenità mentale da idee e preoccupazioni così stupide. Si dovrebbe però sostituire
eppure con
a causa di. Ovvero, l'ossessivo sviluppa il suo disturbo
proprio perché è intelligente.
Ricordiamo però la distinzione fatta prima: l'intelligenza non riguarda tanto i
contenuti di ciò che si pensa, quanto il
processo, il modo che usiamo per pensare.
Almeno qualche volta ogni terapeuta è stato sfiorato, per un momento, dalla sensazione che le preoccupazioni espressegli da un paziente ossessivo grave fossero, dopotutto, anche plausibili. Questi pazienti sono così capaci di giustificare le loro paure, da risultare persino convincenti. Innanzitutto per se stessi. Ma del resto, come sappiamo, il primo requisito per convincere qualcuno è convincere prima se stessi.
L'ossessività è un disturbo d'ansia, non dimentichiamolo. Chi soffre di ossessioni ha paura, è preoccupato di qualcosa e il suo problema sta proprio nel fatto che non riesce a disfarsi di tale sensazione invasiva e insistente. Perciò è perfettamente comprensibile che la razionalità passi in secondo piano e che resti disarmata di fronte alla potenza di un'emozione atavica come la paura.
Lui magari è
consapevole che le sue sono solo improbabili razionalizzazioni, ma la domanda di fondo resta: "Sì, ma se poi...?"
Altro caso: i
problemi relazionali, dove non si riesce a interrompere una relazione che tanto ci dà e altrettanto ci toglie.
Sappiamo come stanno le cose, ma non riusciamo ad agire, perché la
pancia ce lo impedisce.
Le convinzioni erronee possono annidarsi in ogni ambito del pensiero, tanto in quello della persona cosiddetta comune, in quello del religioso e persino dello scienziato.
Perché dopo milioni di anni di evoluzione, il
primato è ancora quello dell'emozione sulla razionalità.
Posso scegliere di studiare matematica o fisica, scienze "dure" che non possono essere confutate senza far uso di un solido impianto razionale. Ma perché lo scelgo?
Perché mi piace. Tutto parte da un'emozione.
Prima vengono motivazione ed emozione, poi la razionalità.
Anche da un punto di vista filogenetico, prima si sono evoluti gli istinti, poi le emozioni e per ultima la corteccia, sede del pensiero razionale. Ma i primi due non se ne sono andati, né hanno perso d'importanza. Stanno sempre là sotto, al centro della nostra testa, a determinare il nostro destino.
Quindi, in conclusione, essere intelligenti non significa automaticamente che abbiamo ragione. Ecco perché in fondo è un bene che nel mondo esistano posizioni contrastanti. Dai contrasti spesso nasce la novità.
Bibliografia:
T. Moosa, 2012. Why smart people aren't better at transcending their biased views. Rivista Big Think online._