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Proteine per battere l'obesità? L'ipotesi della leva proteica

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Proteine per battere l'obesità? L'ipotesi della leva proteica

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alimentazione - 07/01/19

Vuoi dimagrire? Mangia meno grassi/carboidrati. Mangia meno grassi. Mangia meno. Queste sono le raccomandazioni che ci sentiamo fare di solito.

Nessuno però parla mai di proteine. Al massimo si completa con: "Fai esercizio".

Eppure "proteina" viene da prótos, che in greco significa "al primo posto, principale".

L'ipotesi della leva proteica: mangiare più proteine per dimagrire


Quando si dice l'antica saggezza dell'etimologia delle parole.

È raro vedere un programma dietetico enfatizzare l'uso e l'importanza delle proteine, riguardo a una corretta nutrizione e al superamento delle condizioni di sovrappeso.

Conclusione anticipata dell'articolo: per dimagrire senza fatica né restrizioni, sarebbe sufficiente mangiare appena un po' meno delle calorie richieste ogni giorno, facendo nel contempo attenzione a che la quota di proteine non scenda sotto un limite minimo.

Vediamo perché.

Una dieta buona per tutti


Un articolo a cura di Ignatius Brady (vedi bibliografia in fondo) riprende un'interessante ipotesi, quella della leva proteica formulata nel 2005 da David Raubenheimer e Stephen Simpson, che mette al centro le proteine come elemento regolatore fondamentale della dieta, non solo dell'uomo, ma anche di altre specie animali molto distanti dalla nostra.

Uno dei motivi per cui non è ancora stata escogitata una strategia dietetica adatta a tutti, secondo gli autori, è che le diete sono fatte per persone che cercano di effettuare cambiamenti consapevoli nei loro comportamenti alimentari.

Tuttavia, il sovrappeso è mantenuto da meccanismi biologici sottili e inconsapevoli, che operano nel nostro migliore interesse, come vedremo.

È risaputo che le diete restrittive sono quelle che producono i risultati meno duraturi, quando ne producono. A forza di stringere, la persona poi non resiste e inizia ad abbuffarsi come e più di prima.

Come mai?

Raubenheimer e Simpson propongono una soluzione innovativa e generale al problema ormai altrettanto generalizzato dell'obesità epidemica, che affligge il mondo, coniando il termine leva proteica per riscrivere la spiegazione dell'obesità nell'essere umano dopo aver osservato che cosa accade nel resto del mondo animale.

Il principio fondamentale


Dopo aver condotto molte osservazioni, gli autori concludono che molte specie, incluso l'uomo, regolano sempre la quantità di cibo ingerita basandosi su quante proteine sono necessarie per massimizzare la salute e la possibilità di riprodursi.

L'idea di "leva" è usata per spiegare il fatto che piccole variazioni nella disponibilità di proteine possono risultare in grandi cambiamenti nel comportamento degli animali.

Ad esempio, quando ci sono poche proteine disponibili nell'ambiente, i moscerini della frutta smettono di accoppiarsi, gli umani mangiano troppo e i grilli diventano cannibali.

Brady, dal canto suo, era arrivato da solo all'ipotesi che per dimagrire senza sforzo né restrizioni fosse sufficiente ridurre un poco le calorie, aumentando nel contempo la quota proteica, deducendolo dal diario alimentare dei suoi pazienti.

Infatti, se tentiamo di diminuire le calorie attraverso il semplice controllo delle porzioni, si genera un problema di insufficienza proteica, perché porzioni più piccole riducono in proporzione tutti e tre i macronutrienti (proteine, grassi e carboidrati).

Non appena Brady iniziò a consigliare ai propri pazienti di aumentare le proteine, i risultati positivi emersero di conseguenza.

Molte fra le popolari diete in circolazione - con pochi carboidrati, Paleo, Zona o Atkins - hanno come effetto collaterale quello di aumentare la quota proteica, che però non sembra essere intenzionale. L'intento di chi ha messo a punto tali diete sembra piuttosto essere stato quello di controllare i carboidrati "perché sono cattivi", oppure che "per restare magri è necessario mangiare come uomini delle caverne".

Proteine, grassi e carboidrati: in che percentuali?


L'osservazione centrale di Raubenheimer e Simpson è che la maggior parte degli animali, incluso l'uomo, bilanciano carboidrati, grassi e proteine in un intervallo abbastanza ristretto di funzionamento ottimale.

O l'animale si trova in una situazione in cui l'ambiente permette una naturale distribuzione dei tre macronutrienti, permettendogli di restare in buona salute senza dover effettuare alcuna regolazione, oppure egli effettuerà una regolazione scegliendo fra i cibi sbilanciati disponibili allo scopo di avvicinarsi all'equilibrio ideale.

Osservando sia come gli animali si comportano spontaneamente in natura, sia modificandone di proposito la dieta, gli autori hanno capito che molte specie sono in grado capire precisamente di cosa hanno bisogno per restare in buona salute e prosperare.

Quando per ragioni ambientali ciò non è possibile, le specie reagiscono in modo abbastanza uniforme e prevedibile, ad esempio evitando di riprodursi per poter vivere più a lungo, oppure diminuendo di dimensione per preservare energia.

Gli autori chiamano questi comportamenti regole di compromesso e ogni specie ha le proprie.

Un altra possibilità per far fronte alla non adatta disponibilità di cibo è fare fagotto e andarsene.

Quando l'ambiente e le stagioni cambiano, riducendo la disponibilità di proteine durante l'inverno, molti insetti e altri animali emigrano. Alcune specie di grilli, ad esempio, formano dei larghi gruppi ed emigrano quando non riescono a trovare proteine a sufficienza nell'ambiente attuale.

Gli autori sono risaliti dallo studio degli insetti ai salmoni, ai ratti e le scimmie fino all'uomo.

L'essere umano sembra essere particolarmente influenzato dalla disponibilità proteica, rispetto ad altre specie.

Dall'osservazione di varie popolazioni nel mondo in un arco di varie decadi, è stato possibile osservare che la dieta dell'uomo abbisogna di circa il 15% di proteine.

Questo dato è notevolmente stabile, mentre la percentuale di grassi e carboidrati può variare di parecchio. Insieme, questi due macronutrienti costituiscono l'85% del fabbisogno, ma le proporzioni dell'uno e dell'altro non sono quasi mai fisse, come lo è invece quella proteica.

Ciò suggerisce che grassi e carboidrati siano grosso modo intercambiabili come fonti di energia, e che il nostro metabolismo sia attrezzato per utilizzarle entrambe, mentre un "minimo sindacale" di proteine è invece irrinunciabile.

"Grosso modo", dato che esistono alcune differenze notevoli fra grassi e carboidrati che, sebbene non rilevanti ai fini della sopravvivenza, lo sono sotto altri importanti aspetti, che non verranno qui presi in considerazione.

La spiegazione


Dunque, che cosa ha da dire l'ipotesi della leva proteica riguardo all'obesità epidemica in corso nei paesi industrializzati?

Simpson and Raubenheimer sostengono che noi umani stiamo comportandoci in modo formalmente simile agli altri animali, in quanto difendiamo il nostro bisogno minimo di proteine, effettuando aggiustamenti nel modo in cui mangiamo.

Alcuni importanti database (USDA e FAOSTAT) riportano che la percentuale della quota proteica nei cibi disponibili è scesa dal 14-15% (il "minimo sindacale") al 12,5% negli ultimi decenni.

Ciò ci ha lasciati in un vero e proprio deficit, una situazione in cui le proteine di cui il nostro corpo ha tanto bisogno sono più difficili da ottenere, perché la maggior parte dei cibi in circolazione ne contiene di meno.

Aggiungiamo a ciò la diffusione indiscriminata di notizie da parte dai media, tipo "la carne è cancerogena", "si devono mangiare cinque porzioni di verdure al giorno" e quelle tramandate tradizionalmente in medicina, secondo cui troppe uova fanno male e il pesce contiene metalli pesanti e si capisce facilmente perché le persone, anziché attingere alle fonti proteiche nobili direttamente, preferiscano utilizzare altri alimenti ad alto contenuto degli altri due nutrienti - grassi e carboidrati - seppur a basso contenuto proteico.

In altre parole, per avvicinarci alla quota proteica minimale (15%), se non scegliamo coscientemente le fonti proteiche principali, siamo costretti a mangiare le proteine diluite negli alimenti ad alto contenuto di grassi a carboidrati.

Il risultato è che per ottenere la stessa quantità di proteine, si ingurgitano più calorie del necessario e questo, alla lunga, non può che portare a sovrappeso e obesità.

L'ironia è che la maggior parte dei ricercatori, prima di Simpson and Raubenheimer, ha scontato l'importanza delle proteine proprio perché ne bastano tutto sommato così poche e perché il loro fabbisogno è così costante in tutte le popolazioni del mondo.

Ciò ha reso molto difficile capire che invece potrebbero essere proprio le proteine, o meglio il loro deficit, la causa centrale dell'epidemia di obesità che abbiamo sotto gli occhi.

Siccome dobbiamo mantenere l'apporto proteico sopra un certo minimo, e siccome tale quota è tutto sommato modesta, piccoli cambiamenti in tale quota possono risultare in cambiamenti di grande portata.

Da cui il termine "leva proteica".

Per avere un'idea di massima di questo fenomeno, al fine di compensare una mancanza di solo 1,5% del minimo necessario di proteine (15%) un individuo è costretto, mangiando cibi di attuale reperibilità, ad assumere circa il 14% in più delle calorie giornaliere necessarie.

Tali calorie provengono da grassi e carboidrati, e così si crea l'impressione che sia di grassi e carboidrati la colpa dell'obesità.

La spiegazione della spiegazione


Va bene, si dirà, ma perché il nostro corpo ci fa questo?

Perché scegliere di diventare obesi o addirittura diabetici, a causa di un cambiamento nella disponibilità alimentare?

Primo, perché l'obesità è relativamente sostenibile nel lungo periodo e non riduce la capacità riproduttiva né l'adattamento allo stesso modo in cui li ridurrebbe un grave deficit proteico.

Secondo, perché il diabetico si trova in uno stato orribile, ma pur sempre meno orribile di un corpo senza proteine, con conseguente malfunzionamento di muscoli, altri organi, riproduzione e diminuzione di longevità.

Dati i cibi disponibili nel nostro ambiente, la strategia adottata dal nostro corpo è di assumere calorie in eccesso... e sopportarne le conseguenze.

Ecco perché "proteina" significa "al primo posto".

Obesità e diabete sarebbero dunque, in tale ottica, una forma di adattamento all'ambiente, prima ancora che delle malattie.

Per rimanere in buona salute, dobbiamo assumere una certa quantità minima di proteine. Per assumere tale quota minima attraverso i cibi attualmente disponibili, siamo costretti a mangiarne di più. Per gestire le calorie in eccesso, le dobbiamo immagazzinare sotto forma di grasso. La nostra capacità di immagazzinare grasso è quasi illimitata, perciò aumentiamo di volume.

Tuttavia, la gestione dell'energia del nostro corpo non è illimitata.

All'aumentare dei carboidrati, per un po' il corpo risponde con livelli più alti di insulina, la cui funzione è spingere glucosio nei muscoli e in altri tessuti. Ma livelli straordinariamente alti di insulina per troppo tempo producono insulinoresistenza, cioè insensibilità all'azione di questo ormone e alla fine, il diabete.

L'azione regolatrice dell'insulina, in presenza di troppo glucosio, diventa sempre meno efficace, i muscoli e gli altri organi diventano sempre meno ricettivi e va a finire che tale glucosio inutilizzato rimane in circolazione nel sangue o è riversato nelle urine.

Obesità e diabete sarebbero dunque semplicemente il risultato della necessaria sovralimentazione da parte del corpo che cerca di limitare i danni al minimo possibile, dato ciò che trova disponibile.

E probabilmente tutto questo non avverrebbe, se riuscissimo a fornire al nostro corpo tutte le proteine di cui ha bisogno.

I due autori chiamano tale stato di cose regole di compromesso proprio perché obesità e diabete, nel caso dell'essere umano, sono dei compromessi. Costituiscono una scelta del male minore dato un ambiente alimentare non ottimale.

Non dobbiamo però dimenticare che non si tratta di scelte consapevoli, bensì di pulsioni interne alquanto sottili, potenti e persistenti. Troppo, per essere scavalcate dalla volizione.

Possiamo stare a stecchetto per sei mesi, ma il sistema di regolazione appena descritto tiene traccia di ciò che è meglio per noi nel corso di tutta una vita. In effetti tiene traccia di ciò che è meglio per tutta la nostra specie nel complesso.

Ecco perché è così difficile ingannarlo mangiando di meno, a meno che non scegliamo consapevolmente di assumere la quota minima necessaria di proteine.

Pertanto, contrariamente all'ipotesi "Paleo", non è che consumiamo troppi carboidrati perché oggi sono molto più disponibili di un tempo, ma è perché nel frattempo le proteine si trovano a essere più diluite nel complesso dei cibi di pronta disponibilità.

Domande e risposte


Alla luce di quanto descritto, molte domande trovano finalmente una risposta sensata:

Perché le persone obese mangiano così tanto? Perché sono affamate (di proteine).
Perché non riesco a dimagrire mangiando di meno? Perché ciò aggraverebbe la fame.
Perché riprendiamo i chili persi? È il corpo che cerca di recuperare dalla fame passata subita.
Perché più si ingrassa e più si vuole mangiare? Perché un corpo più pesante ha più bisogno di proteine.

Focalizzandosi sull'apporto proteico, diventa chiara l'inutilità delle diete restrittive: per quanto possa sembrare paradossale, il corpo si trova in uno stato di maggior equilibrio quando è obeso o diabetico, di quando è in deficit proteico.

E quindi, nella saggezza che gli deriva da milioni di anni di evoluzione, fa bene a resistere, quando gli togliamo cibo.

Si preoccupa meno di essere grasso che di restare senza le preziose proteine.

Conclusioni


È possibile diminuire i grassi, i carboidrati o entrambi, in un approccio dietetico con poche calorie, a patto che le proteine rimangano al o sopra il limite minimo richiesto.

Proteggere la massa magra permette al dimagrimento di procedere più speditamente.

Quando le diete ipocaloriche funzionano, quando le diete con pochi carboidrati o con pochi grassi funzionano, è perché nel contempo è stata mantenuta o aumentata la quota proteica. Simpson e Raubenheimer considerano tali diete tutti casi particolari della regola generale della leva proteica.


Nota: il contenuto del presente articolo non deve essere inteso come una generica raccomandazione dietetico/sanitaria. Raccomandiamo, piuttosto, a chiunque senta il bisogno di gestire al meglio la propria alimentazione, di ricercare un aiuto individualizzato presso un professionista autorizzato.

Bibliografia:

I. Brady, 2015. The Protein Leverage Hypothesis. Science 2.0 online.

D. Raubenheimer e S. Simpson, 2012. The Nature of Nutrition-A Unifying Framework from Animal Adaptation to Human Obesity. Princeton University Press.
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